Un evento unico nel suo genere, che si propone di lanciare da Salerno una sfida ambiziosa nel solco dell’arte, con un progetto che vuole raccontare una storia fatta di narrazioni complesse e diversissime tra di loro, unite dalla voglia di lasciare un segno indelebile. Un drappello di artisti che ha segnato il mondo della cultura, sia alta che popolare, vivrà metaforicamente nelle sale del secondo e terzo piano di palazzo Fruscione, attraverso l’esposizione di 109 opere fotografiche, rese ancora più suggestive da un particolarissimo allestimento del palazzo che rimanda alle suggestioni e alle atmosfere dell’albergo newyorchese. I testi della mostra fotografica sono realizzati in esclusiva dal giornalista, conduttore radiofonico e televisivo Carlo Massarini. Con il contributo di quasi 30 fotografi e artisti grafici, di video art di fama internazionale, lo storytelling di questa avventura straordinaria sarà l’occasione per scoprire o riscoprire un luogo iconico che ha stregato l’immaginario collettivo. Al Chelsea Hotel, Arthur Miller, che aveva appena lasciato Marilyn Monroe, si ritira a scrivere; Patti Smith e Robert Mapplethorpe vi si stabiliranno per diversi anni, così come Jackson Pollock, Dylan Thomas, Leonard Cohen e Janis Joplin; Sid Vicious dei Sex Pistols fu accusato di aver ucciso, in una di quelle stanze, la fidanzata Nancy Spungen, mentre Andy Warhol vi girò il suo film Chelsea Girls. E ancora Madonna, Tom Waits, Dennis Hopper, Bob Dylan, Jack Kerouac, e tanti altri. L’elenco è veramente infinito e l’esposizione offrirà al pubblico l’opportunità di indagarlo tutto. La mostra non vuole però essere solamente un’antologia di personaggi e momenti fondamentali della storia della cultura popolare, ma anche un’occasione per riflettere sul particolare clima che ha contribuito a influenzare e dare forma all’arte e alla cultura del XX secolo. Come di consueto, poi, Tempi Moderni ha scelto di creare un ponte originalissimo con l’attualità, attraverso un confronto con il contemporaneo. Ecco dunque che in dialogo con i fotografi che hanno immortalato la leggenda del Chelsea Hotel ci saranno: la Dream Room Chelsea Hotel, un’installazione video a cura di Cactus Filmproduzioni, di Licio Esposito e Paola Vacca, le opere del duo storico dell’arte contemporanea Perino & Vele, quelle del designer e illustratore Stephen Alcorn, della fumettista Vanna Vinci e del video-artista Nicola Di Caprio. Una straordinaria narrazione, fatta di seduzioni iconografiche e di tracce legate all’idea di quanto immaginifica possa essere la potenza del mito, in tutte le sue declinazioni.
Nata a Lisbona, la Barros vive a New York dal 1980. Fotografa freelance, ha studiato alla State University of New York e alla New York University International Center of Photography. Le foto del suo acclamato libro “Fifteen Years: Chelsea Hotel” sono state esposte nelle più importanti gallerie del mondo. La mostra dei suoi scatti “Room 1008”, un omaggio alla stanza in cui è stato scritto “2001: Odissea nello spazio” è stata presentata nel programma di Oporto Capitale della Cultura 2001, ed esposta nel Museo d’Arte Contemporanea di San Paolo e alla Briggs & Robinson Gallery di New York. I ritratti e i paesaggi urbani di Rita Barros sono stati pubblicati in molte riviste e giornali europei e americani, tra cui Expresso, La Vanguardia, Le Monde, New York Times, Newsweek, New York Magazine, Brooklyn Rail, Nouvel Observateur, Vogue, Elle, GEO, Zoom. Rita Barros è rappresentata in diverse collezioni d’arte portoghesi e internazionali. Attualmente insegna alla New York University.
Una delle prime camere oscure della fotografa Deborah Feingold è stata una cella: dopo essersi diplomata all’Emerson College all’inizio degli anni ’70, infatti, ha insegnato fotografia in una prigione di Boston. Questa esperienza le ha consentito di comprendere il potere della macchina fotografica come strumento di autoespressione e comunicazione, gettando le basi per una carriera pluridecennale durante la quale ha fotografato i nomi più importanti della cultura americana. Trasferitasi a New York nel 1976, conosce il jazz grazie alla relazione con un musicista; e grazie al jazz, la sua fotografia viene permeata dallo spirito dell’improvvisazione. Il suo primo incarico di prestigio è stato di fotografare Chet Baker per l’etichetta Artist House. Grazie al suo lavoro con Baker e altri artisti di quella stessa etichetta viene assunta dalla rivista Musician. Tra i suoi scatti immagini indelebili di alcuni dei nomi leggendari della musica da B.B. King a James Brown, Bono, Madonna, REM, Pharrell Williams, Prince, Mick Jagger, ma anche Barack Obama, Bill Gates, Tom Wolfe, Johnny Depp, George Carlin e molti altri. Nata nel 1951 a Cranston, Rhode Island attualmente vive e lavora a New York.
Nato a Philadelphia nel 1931, approda alla fotografia diventando assistente di Ike Vern, fotografo di Life e successivamente collaboratore per la Louis Kellman Productions. Dal ’57 al ’60 si dedica al cinema, lavorando come fotografo di scena alla Columbia Pictures, sui set de “L’ultimo urrà” di John Ford, “Operazione Mad Ball” con Jack Lemmon e Ernie Kovacs, e “Pal Joey” con Frank Sinatra, Rita Hayworth e Kim Novak. Dal 1960 inizia la carriera da freelance, ritraendo personalità come Marlene Dietrich, Elizabeth Taylor, Frank Sinatra, Steve McQueen, Marilyn Monroe e Clark Gable, Eric Clapton, George Harrison, Janis Joplin, B.B King, Aretha Franklin, Barbra Streisand e i presidenti John Fitzgerald Kennedy e Richard Nixon. In questo periodo inizia una costante attività di reportage e viene chiamato da Cornell Capa per collaborare con la famosa agenzia Magnum Photos. Nel ‘66 segue la tournée europea di Bob Dylan, di cui diventa il fotografo ufficiale per 11 anni. Tra i suoi lavori, tantissime copertine di dischi: da “Pearl” di Janis Joplin a “The Times They Are a-Changin” di Bob Dylan, fino a “All Things Must Pass” di George Harrison. Sue le foto leggendarie del Monterey Pop Festival del 1967 e del Concert for Bangladesh nel 1971. Feinstein è morto nel 2011.
Nato in Francia nel 1945, inizia la sua carriera negli anni Sessanta diventando in breve uno dei fotografi più ricercati delle riviste Salut les Copains, emblema di un’intera generazione, e Hit Magazine. L’agenzia Sygma-Corbis lo assume come fotografo freelance e i suoi scatti vengono pubblicati da riviste come: Paris Match, Gala e VSD. A questo si affianca il lavoro per la realizzazione di copertine di dischi. Per molti anni lavora non solo come fotografo ufficiale di Johnny Hallyday, ma anche come fotografo di Serge Gainsbourg, Véronique Sanson per citarne solo alcuni. Tony Frank è considerato una delle figure più importanti nel settore della fotografia di star del pop rock e del cinema degli ultimi decenni.Tra i suoi scatti, attori e musicisti del calibro di Woody Allen, Louis Armstrong, Charles Aznavour, Nathalie Baye, Chuck Berry, Jean Paul Belmondo, Jane Birkin, James Brown, Ray Charles, Julien Clerc, Alain Delon, Catherine Deneuve, Matt Dillon, Donovan, Bob Dylan, Marianne Faithfull, Claude François, Jean Luc Godard, Nina Hagen, Mick Jagger, Elton John, Tom Jones, Madonna, Mireille Mathieu, Michel Polnareff, Regina, Otis Redding, Sony e Cher, Tina Turner, Sylvie Vartan, The Who, Frank Zappa.
Nato al Cairo nel 1952, le sue foto hanno immortalato i più grandi miti della musica. Nei primi anni Settanta ha avviato la duplice professione di fotografo e di giornalista musicale, contribuendo a porre le basi di un lavoro specialistico sino ad allora senza precedenti in Italia e collaborando con riviste come: Ciao 2001, Gong, Rockstar, Amica, SportWeek, solo per citarne alcune. Lavora da sempre con i maggiori artisti musicali italiani e internazionali per i quali ha firmato un’infinità di copertine di dischi: tra tutti Claudio Baglioni, Andrea Bocelli, Kate Bush, Vinicio Capossela, Paolo Conte, David Crosby, Pino Daniele, Bob Dylan, B.B. King, Ute Lemper, Ligabue, Mia Martini, Paul McCartney, Gianna Nannini, Michael Nyman, Luciano Pavarotti, PFM, Lou Reed, Vasco Rossi, Simple Minds e Frank Zappa. Di Fabrizio De André è stato uno dei fotografi personali, con una collaborazione ventennale che include la copertina del disco “In concerto”, tratto dalla leggendaria tournée dell’artista genovese con PFM nel 1979. Su De André ha realizzato tre fortunati volumi: “E poi, il futuro”, “Una goccia di splendore” e “De André & PFM. Evaporati in una nuvola rock” insieme a Franz Di Cioccio. È stato inoltre uno dei curatori della grande mostra dedicata a Faber al Palazzo Ducale di Genova. Dagli anni Novanta il suo raggio d’azione contempla anche l’immagine pubblicitaria, il ritratto istituzionale, il reportage a sfondo sociale e la grafica dei volumi da lui curati. Ha realizzato numerose mostre e pubblicato vari libri illustrati tra cui “Il Circo di Paolo Rossi. Sotto un cielo di gomma”; “Barboni. Il teatro di Pippo Delbono”; “Strange Angels”; “The Beat Goes On”; “Vasco!” “Vinicio Capossela”; “Tom Waits”; “Kate Bush”. Nel 2011 ha fondato Wall Of Sound Gallery, la prima galleria fotografica italiana interamente dedicata alla musica.
È un’attività poliedrica quella di Matt Mahurin, classe ‘59, illustratore, fotografo e regista, che lega il suo nome alle pagine di riviste quali Time, Newsweek, Rolling Stone, Esquire, Forbes e The New York Times. Famosi i suoi reportage fotografici nei quali racconta la vita ai margini: dai senzatetto agli ammalati di Aids ai carcerati della prigione del Texas, passando per le cliniche per l’aborto clandestino agli ospedali psichiatrici. E poi il racconto di luoghi come il Nicaragua, Haiti, Belfast, Messico, Giappone e Francia. Dalla fotografia ai videoclip: la sua arte è stata al servizio di gente del calibro di Peter Gabriel, U2, Tom Waits, REM, Tracy Chapman, Sting, Bonnie Raitt, Ice-T, Metallica, David Byrne e Joni Mitchell. Il documentario “I Like Killing Flies” è stato scelto nel 2004 al Sundance Film Festival. Nel 2010 scrive e dirige il lungometraggio “Feel”, presentato in anteprima al Sundance Channel 2010. Nel ‘96 il film “Mugshot” vince il premio come miglior film al Festival del cinema di Hampton. Le sue fotografie così come i suoi film, sono esposte nella collezione permanente del Metropolitan Museum of Art di New York.
Nato a Brooklyn nel 1926, acquista la sua prima macchina fotografica alla World’s Fair di New York nel 1939, dando inizio a una brillante carriera che alla fine racconterà non solo il meglio della scena newyorkese, ma anche le radici dei movimenti per i diritti sociali più significativi nella storia americana moderna. Con la sua macchina fotografica ha documentato il nascente Pride Day, le lotte per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere, le prime fasi dell’attivismo ambientale fino alle manifestazioni in risposta alla guerra del Vietnam, fotografando dalle Pantere Nere a Martin Luther King Jr. Oltre ai diritti civili, il suo archivio documenta anche il movimento artistico dell’espressionismo astratto, quello della pop art, quello degli artisti della New York School, la scena beat e quella rock and roll. In qualità di unico fotografo del The Village Voice, McDarrah riesce a raccontare la scena di New York con grande intimità. Molti degli artisti, musicisti e attori da lui fotografati sono diventati vere e proprie icone: da Jack Kerouac a Bob Dylan, passando per Janis Joplin, Andy Warhol, Gloria Steinem. La sua dedizione, il suo sentire e il suo puro entusiasmo per New York e la cultura americana hanno lasciato un archivio inestimabile, storicamente significativo e di grande valore qualitativo. Come disse Allen Ginsberg, “McDarrah ha prestato umile attenzione anno dopo anno al ritmo della città, diventando un curioso misto di giornalista di strada e archivista culturale”. È morto a 81 anni nel 2007.
Classe 1923, austriaca di Graz, dopo aver studiato lingue a Berlino, è diventata traduttrice, poi giornalista e redattrice per Heute, una pubblicazione di Information Service Branch con sede a Monaco di Baviera. Prolifica diarista e scrittrice di lettere, il suo duplice dono per le parole e le immagini la distinguono dai suoi colleghi. Amica del fotografo Ernst Haas, ha scritto articoli per accompagnare le sue fotografie ed è stata invitata da Robert Capa e Ernst Haas a Parigi per unirsi alla neonata agenzia Magnum come editore e ricercatrice. Ha iniziato a fotografare a Londra nel 1951 ed è entrata a far parte della squadra di Magnum Photos nel 1953. È stata assistente di Henri Cartier-Bresson fino al 1955. Negli anni successivi, ha viaggiato molto in Europa, Nord Africa e Medio Oriente. Il suo particolare interesse per le arti ha trovato espressione nei saggi fotografici pubblicati da alcune delle principali riviste. Dopo il suo matrimonio con il drammaturgo Arthur Miller nel 1962, si stabilisce a New York. Visita l’Unione Sovietica nel 1965 e nel 1972 fa il suo primo viaggio in Cina. Alcuni dei suoi lavori più importanti sono essenzialmente ritratti, ma le sue capacita narrative si colgono anche negli scatti di luoghi come la casa di Boris Pasternak, la biblioteca di Pushkin, la casa di Cechov e la camera da letto di Mao Zedong.
Fotografo croato classe 1945. A vent’anni si trasferisce a Parigi, dove tra il ‘65 e il ‘70, lega il suo nome al Gruppo Lettrista, come pittore, poeta e cineasta. Dal 1967 al 1969 ha creato e diretto un programma internazionale di film underground all’American Center di Boulevard Raspail a Parigi. Nel programma erano inclusi film di Heliczer, Iimura, Mekas, Warhol, Lemaitre, Bassan, Auder. Trasferitosi a New York, inizia a collaborare con la rivista Interview di Andy Warhol. La prima mostra è del gennaio del ‘72, alla Gotham Book Mart Gallery di New York. Le sue fotografie sono pubblicate in molti periodici e libri, ed esposte in gallerie di tutto il mondo. Nel 1973 produce e dirige un programma televisivo per la Manhattan Cable TV, programma decisamente underground per la tv americana di quegli anni, tanto da essere censurato; ma la sua trasmissione ha fatto da apripista a cambiamenti radicali nella tv. Tra i pionieri della Videoarte, nel 1972 i suoi video furono mostrati alla Kitchen, uno spazio polifunzionale per arti performative molto noto a New York e nel 1975 la televisione tedesca mise in onda uno spettacolo di un’ora sul canale West 3. Alcune sue opere video sono spesso pubblicate in rete e in televisione negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone. Nel 1977-78 ha progettato e costruito una macchina per la verniciatura elettrica (uno dei primi prototipi di stampante/scanner a getto d’inchiostro) e nel 1979 ha tenuto la sua prima mostra di “dipinti elettrici” alla Tony Shafrazi Gallery di New York. Tra i precursori dell’arte digitale, oltre a pubblicare per la rivista Night Magazine, continua a dipingere, fotografare e creare video, per uno show televisivo settimanale in onda sulla televisione americana.
Nato nel ’47 a Harrow, all’età di 16 anni lascia la scuola per diventare assistente di Walter Curtain, uno dei fotografi di Time e di Life, e in seguito del leggendario Louis Klemantaski. Nel 1969 apre il suo studio personale e dal 1971 diventa il fotografo ufficiale della rivista Disc and Music Echo. Il suo primo incarico per la rivista è quello di fare un servizio fotografico per Mick Jagger. Dai lavori per Disc and Music Echo, Sound, Smash Hits e Q magazine, fino al tour del 1973 con i Rolling Stones – che porterà a una relazione trentennale con la band – Putland ha realizzato numerosissimi servizi fotografici per importanti etichette tra cui CBS, Warner, Elektra, Columbia Records ed EMI. Il suo archivio supera le 400mila immagini che documentano il meglio dell’industria musicale. Nel ’77 si trasferisce a New York, dove fonda la sua agenzia fotografia, Retna, e immortala artisti come Billy Joel, The Clash, Bruce Springsteen e i Bee Gees, creando alcune delle immagini più iconiche di quegli anni. Nel 1980 torna in Inghilterra, dove trova una scena molto diversa da quella che aveva lasciato: il glam e il post punk. Nei suoi scatti, tra gli altri, Duran Duran, Bananarama, Stranglers. Con l’agenzia Retna ha la libertà di fotografare solo chi gli interessava e alla sua collezione si aggiungono: Ginesa Ortega, Anoushka Shankar, Anne Sophie Von Otter, Julia Migenes, Arvo Part, e ancora jazzisti come Miles Davis e Chick Corea, pur non abbandonando il mondo delle celebrità e delle pop star come Michael Hutchence, George Michael o Madonna. Putland è tuttora considerato uno dei maestri della stampa ai sali d’argento. Scomparso nel novembre 2019.
Nato a New York nel 1912, è considerato tra i più autorevoli professionisti per i suoi scatti iconici di set cinematografici e star del cinema, sebbene i suoi interessi e talenti spaziassero dalla musica al teatro, scultura, pittura, letteratura, giornalismo e attivismo socio-politico. La sua vena artistica è emersa sin da bambino: senza soldi per i materiali, raccoglie il catrame dalle strade di New York per realizzare sculture. Poco dopo il diploma di scuola superiore, condivide uno studio con l’artista Romare Bearden. Alla fine ha scelto la fotografia, ma Bearden e Shaw hanno continuato a lavorare insieme per tutta la vita. Molte delle fotografie di scena di Shaw, così come i ritratti di musicisti jazz e blues compaiono nei collage e nei murales di Bearden. All’inizio degli anni Cinquanta lavora alla 20th Century Fox. Qui conosce Marilyn Monroe. La futura star non ha ancora sfondato, tanto che una volta, durante un periodo di disoccupazione fra un contratto e l’altro, lei gli fa da autista per potersi pagare l’affitto di casa. Tra gli aneddoti, la pubblicità. affidata a Shaw, per promuovere il film “Quando la moglie è in vacanza”. E’ sua l’idea di pubblicizzare la pellicola con una pre-ripresa a New York della celebre scena della gonna svolazzante. Dopo anni sui set cinematografici, negli anni ‘60, Shaw si dedica alla regia. Il primo film prodotto è “Paris Blues” con Paul Newman, Sidney Poitier e Louis Armstrong. È stato anche consulente del primo film di John Cassavetes, “Shadows”. Shaw muore nel ‘99 all’età di 87 anni.
Classe 1934, scopre la fotografia all’età di nove anni durante un campo estivo. Eccitato dal potenziale della fotocamera, Schapiro trascorse i decenni successivi aggirandosi per le strade di New York cercando di emulare il lavoro di Henri Cartier-Bresson, che ammirava molto. Studia al fianco del fotoreporter William Eugene Smith, la cui influenza si rivela fondamentale. Il suo interesse è il documentario sociale. Qui, con i soggetti ritratti, ha un rapporto empatico. Durante gli anni ‘60 produce reportage sull’Apollo Theatre e sul nascente movimento controculturale all’Haight-Ashbury. Particolarmente toccante, la storia sulle condizioni di vita dei lavoratori migranti in Arkansas. Le sue foto, pubblicate su Jubilee e riprese dal New York Times, portarono a un cambiamento tangibile: l’installazione dell’elettricità nei campi di lavoro. I suoi scatti hanno raccontato il movimento per i diritti civili. Dalla marcia su Washington per il lavoro e la libertà alla spinta per la registrazione degli elettori afroamericani e soprattutto la storica marcia da Selma a Montgomery guidata da Martin Luther King Jr. Ed è proprio il suo obiettivo a immortalare per la rivista Life to Memphis quello che accade dopo l’assassinio di King. Immagini iconiche tra le più intense di quel tragico evento. Negli anni ‘70, quando riviste illustrate come Life chiudevano, Schapiro sposta l’attenzione sul cinema. Con le principali compagnie cinematografiche come suoi clienti, ha prodotto materiale pubblicitario per film come “Il Padrino”, “Come eravamo”, “Taxi Driver”, “Midnight Cowboy”, “Rambo”. Ha anche collaborato a progetti con musicisti, come Barbra Streisand e David Bowie per diverse copertine di dischi.
Nato nel ‘39 a Johannesburg, ex calciatore professionista e medico, Norman Seeff si è trasferito a New York nel 1968 dove ha costruito un portfolio fotografando soggetti incontrati per le strade e nei bar di Manhattan. Tra questi, Robert Mapplethorpe, Patti Smith, Andy Warhol e i membri della Factory. Introdotto nel mondo delle copertine dei dischi dal famoso grafico Bob Cato, il primo incarico, nel 1970, gli procura un riconoscimento immediato: una sua foto dei “The Band” – poster dell’album “Stage Fright” – diventa oggetto da collezione. L’anno successivo è direttore creativo alla United Artists Records di Los Angeles e nei due anni successivi, ha ricevuto 5 nomination ai Grammy per il design di alcune copertine. Le sessioni fotografiche di Seeff durante gli anni ‘70 e ‘80 sono leggendarie: una celebrazione della spontaneità, della creatività e dell’energia pura, che ha prodotto immagini di un’autenticità senza tempo. Da Ray Charles a Joni Mitchell, da Cher a Van Morrison, passando per Eagles, Rolling Stones, Talking Heads, solo per citarne alcuni. L’interazione creativa di Seeff con gli artisti l’ha indotto a filmare le sue sessioni a partire dal 1975 con Ike e Tina Turner, usandole poi come veicolo per esplorare le dinamiche interiori del processo creativo con gli artisti.
Nato nel 1945 a Passaic, New Jersey, si appassiona alla fotografia durante un anno sabbatico trascorso a San Francisco. Siamo a metà degli anni ‘60 e la sua carriera inizia fotografando la scena hippy e musicisti del calibro di Jimi Hendrix. Dopo un periodo nella marina commerciale, si trasferisce a New York, dove lavora come tassista e barista mentre cerca di trasformare il suo lavoro di fotografo in un’attività a tempo pieno. Una volta ottenuto un lavoro con il Soho Weekly News, all’epoca una rivista di otto pagine, Tannenbaum ne diventa il fotografo capo e il foto editor. Attraverso le pagine del giornale documenta l’arte, la politica, lo spettacolo e la musica della New York di quegli anni. I suoi scatti sono famosi soprattutto per aver immortalato la fiorente scena punk e new wave degli anni ‘70. Dalla metà degli anni ’80, lavora come fotoreporter viaggiando in Kuwait e Iraq per poi documentare l’operazione Desert Storm. Le sue fotografie sono state esposte in tutto il mondo e ha pubblicato diversi libri tra cui “New York in the 70s”, “John and Yoko: A New York Love Story”, “Grit and Glamour – The Street Style, High Fashion, and Legendary Music of the 1970s”. Continua a vivere e lavorare a Manhattan.
Con le conoscenze acquisite nel mondo della pubblicità a Soho (Londra), Tiberi inizia a fotografare la nascente controcultura londinese verso la fine degli anni ‘60. Lavora per la rivista Spare Rib e il magazine per giovani 19, concentrandosi sugli aspetti sociali e culturali dello squatting, e sulla legittimità dell’occupazione degli edifici sfitti. Nel 1975 incontra i 101ers, band che si esibisce sul minuscolo palco nel retro di un pub a Notting Hill, e procura loro un contratto discografico, finendo per produrre il disco “Keys to Your Heart”. Il cantante del gruppo è Joe Strummer, futuro leader dei Clash. Dopo aver visto i Sex Pistols, contatta Malcolm McLaren per organizzare un concerto con i 101ers al Nashville club. Gli avvenimenti di quella notte finiscono sulla copertina di Melody Maker, accompagnati dalla domanda: “E’ questo il futuro del Rock’n’Roll?”. Tiberi continua a fotografare la band sviluppando un crescente interesse per i Sex Pistols. In seguito al famoso incidente televisivo nella rubrica di Bill Grundy, a Tiberi viene affidato il compito di coordinare e dirigere le attività della band, che immediatamente rompe il contratto con la EMI e sostituisce Matlock con Sid Vicious. Dopo il debutto di Sid in uno show assieme ai Clash, Tiberi parte in tour con i Sex Pistols per Berlino assistendo alla nascita della canzone “Holidays in the Sun”. Da lì in poi sarà l’assistente personale di Malcom McLaren durante tutta la realizzazione del film “Rock’n’Roll Swindle” e la relativa registrazione dell’omonimo album.
Nato a Bologna nel ‘55, si è laureato in Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea all’Università di Bologna. Nel suo lavoro, pittura e fotografia si alternano e s’influenzano vicendevolmente da almeno un ventennio. La fotografia nasce come base per la pittura, ma ne è divenuta gradualmente l’elemento concettuale fondante. Da qui nascono i cicli pittorici dedicati al ritratto, che viene riproposto in pittura seguendo canoni fotografici. Il lavoro sui provini a contatto che, nelle loro sequenze, riportano anche al mondo del cinema, è stato presentato nella mostra “Picture Start”. Seleziona i suoi soggetti, più spesso giovani uomini, per i ritratti, o macchine fotografiche, e li fotografa usando pellicole in bianco e nero in condizioni di luce con forti contrasti di warholiana memoria. Pur essendo essenzialmente pittore, Torre ha spesso utilizzato la fotografia per progetti specifici e indipendenti dalla pittura e ne sono nate mostre dedicate al mondo musicale (“Notturno Rock”) o a viaggi (“The Flowers of Bangladesh”). Una delle realizzazioni più articolate riguarda Patti Smith, alla quale Torre ha dedicato cicli pittorici e fotografici, i cui risultati sono culminati in diverse mostre e nel libro “Patti Smith – Simply a Concert”. La scintilla tra i due scocca con un libro di poesie in inglese: “A Soldier with no Shoese”, che Torre dedica alla rockstar americana prima di concentrarsi sui cicli pittorici e fotografici. E proprio l’amore e la frequentazione quarantennale di New York, hanno generato l’interesse per luoghi mitici quali il Chelsea Hotel, dove Torre ha dimorato in carie occasioni per circa un ventennio.
Cresciuto a Columbus, in Ohio, Wolman, classe ‘37, ha realizzato il suo primo servizio fotografico seguendo l’intelligence militare dell’esercito a Berlino Ovest, elaborando un saggio sulla vita all’ombra del Muro di Berlino. Dalla Germania si è poi trasferito in California per continuare la sua carriera come fotoreporter. Nel 1967, un incontro fortuito con Jann Wenner, il fondatore di Rolling Stone, lo porta a diventare il primo fotografo capo della rivista. Per tre anni le sue fotografie sono uscite regolarmente sulla prestigiosa rivista e sono diventate il fulcro visivo della pubblicazione. Tre anni più tardi fonda Rags, il “Rolling Stone della moda”. A metà degli anni ‘70 acquista un aereo Cessna e impara a volare, iniziando a scattare fotografie aeree: immagini di paesaggi che saranno pubblicate in due libri di successo, “California From the Air: The Golden Coast” e “The Holy Land: Israel From The Air”. Per molti anni i suoi colorati “airscapes” sono stati pubblicati su riviste di settore. Per tutta la sua vita, come amava dire: ho sempre mescolato gli affari con il piacere. Un mantra che lo ha accompagnato fino alla sua scomparsa nel 2020 all’età di 83 anni.
Fotografa e giornalista, durante gli anni ‘70 e ‘80 pubblica il suo lavoro su riviste come Vogue, Look, Life, People e New York Magazine. Per la rivista Look, memorabile una storia di copertina dedicata a John Lennon e Yoko Ono. Dalle riviste al cinema, il suo nome si lega alla 20th Century Fox, Paramount Pictures e alla United Artists ed è stata la fotografa di scena sul set della storica pellicola “Easy Rider” di Dennis Hopper con Peter Fonda e Jack Nicholson. Nel 1961 la rivista Mademoiselle la incorona tra le dieci giovani donne dell’anno. Membro fondatore del “Women’s Forum”, nel suo portfolio fotografico immagini di Peter Fonda, Dennis Hopper, John Wayne, Marcello Mastroianni, Anthony Quinn, Monica Vitti. Di particolare interesse anche il reportage investigativo sugli illeciti medici dal titolo “Dr. Feelgood, Are You Sure It’s All Right?”, pubblicato come articolo di copertina sul New York Magazine nel febbraio del ‘71, e nel quale si denunciava la presenza di molti “Dr. Feelgood” a New York. Numerose sono le pubblicazioni: da “Hampton Style” a “Ireland”, un caleidoscopio di oltre 150 fotografie che raccontano una terra all’apice del suo cambiamento. Circa mezzo secolo di foto scattate durante le sue ripetute visite all’Isola di Smeraldo. E ancora “Women”, una raccolta di ritratti di alcune delle donne più influenti del XX secolo, considerato da Artnet tra i migliori quindici libri d’arte. Il suo lavoro è raccolto nella Library of Congress e da Getty Images. Attualmente risiede principalmente tra Amagansett, New York, e la costa della Florida.
Stephen Alcorn è un pittore, ritrattista, incisore e illustratore statunitense. Figlio d’arte del celebre illustratore e progettista grafico John Alcorn (New York, 1935-Lyme, 1992) Stephen Alcorn vanta una carriera tanto precoce quanto prolifica e variegata per
risultati. Cresciuto in Italia e formatosi artisticamente a prima a Firenze ed in seguito a New York, Alcorn inizia ad affiancare il padre nell’attività di illustratore per le più importanti case editrici italiane e nel contempo si interessa alla stampa artistica e alla linoleografia a rilievo, che diventerà la sua tecnica d’elezione, pur continuando a sperimentare diversi media. La sua ricca e variata produzione coniuga l’utilizzo di tecniche tradizionali profondamente legate alle arti applicate, nonchè di suggestioni visive legate all’arte popolare europea, con la scelta di temi e riferimenti stilistici contemporanei e pop.
Prolifico disegnatore, incisore, illustratore di copertine e libri illustrati, i ritratti sono tra i suoi soggetti favoriti, che si tratti di artisti celebri così come di poeti e di musicisti. Alcorn ne celebra allegoricamente la figura e li raccoglie in serie tematiche che rinnovano la tradizione medievale e rinascimentale dei Viris Illustribus (Ritratti degli Artisti Più
Celebri, Modern Music Masters, il volume Gift of Days, senza contare le numerose copertine per le collane di classici, tra tutte I Grandi Del ‘900, Mondadori). L’interesse per la celebrazione del personaggio illustre si esprime anche nelle varie biografie illustrate (tra tutte: Frederick Douglass – In His Own Words, 1995; Langston Hughes – An Illustrated Edition, 1997; Odetta, the Queen of Folk, 2010).
É Professore Ordinario alla Virginia Commonwealth University di Richmond, VA, Stati Uniti, tramite la quale ha l’onore di dirigere il programma accademico rinomato Florence Revealed: Drawing from the Wellspring of Renaissance Thought & Vision.
Licio Esposito e Paola Vacca (Cactus Film Produzioni). Una piccola casa di produzione che riunisce intorno a sé illustratori, fumettisti, pittori, videomaker, grafici, fotografi, musicisti, poeti, scrittori che collaborano di volta in volta in progetti filmici, editoriali e in eventi culturali come: “Munnizza” dedicato a Felicia e Peppino Impastato – “Fortapasch” dedicato al giornalista Giancarlo Siani – “La film di Elvira” dedicato alla prima regista del cinema italiano Elvira Coda Notari – “SuonoMuto” rassegna di cinema sonorizzato dal vivo – il progetto editoriale “Il sogno di Angelo” dedicato ad Angelo Vassallo. Fondata nel 1999 da Paola Vacca e Licio Esposito dopo una esperienza come assistente animatore presso la casa di produzione cinematografica Quick Sand, la Cactus filmproduzioni realizza spot, videoclip, documentari e cortometraggi. Dal 2004 si è impegnata in videoperformance per concerti e spettacoli teatrali disegnando illustrazioni e scenografie con la sabbia: “Mystic Turistic” di e con Luca Morino – “Il piccolo Principe” e “La gabbianella e il gatto” della compagnia Assemblea Teatro – “Trentennanti” di e con Matteo Curallo – “Avanti pop”, “Riciclisti” e “Goodbike” di e con Tetes de Bois – “H2O”, “Il mostro selvatico” e “Lezioni di geografia” della compagnia Giallo Mare e performances con i musicisti Gavino Murgia, Djivan Gasparian, Rocco de Rosa, Angus Carlyle, Francesco Tristano, Rita Marcotulli, Paolo Damiani, Anacleto Vitolo; con gli attori Carlo Nigra, Cristina Donadio, Ciro Girardi.
Sfavillanti, creative, sensibili, imprevedibili, dadaiste, pop, le GIF di Di Caprio possono essere interpretate e lette dal punto di vista colto (per i riferimenti all’arte, alla politica, alla controcultura, alla filosofia) o estetico-visivo (per il colore, l’ironia, lo humor, il ritmo) e presentate come “quadri in movimento” in mostre d’arte, nei festival musicali o in contesti di vita culturale. Tra le sue principali partecipazioni: XIV Quadriennale di Roma – Anteprima 1998, Silence is Sexy – Buia Gallery – New York 2005, Solo Show, Public Domain – Galleria Pack – Milano 2005, Solo Show Sovereign European Art Prize – London 2008, 54a Biennale di Venezia, Padiglione Campania – Napoli Caivano 2011, Rumore Rosso – MAC Museo d’Arte Contemporanea – Lissone 2016 , I Am Not In This Room – SometimeStudio – Parigi 2012, Solo Show Heros Juste Pour Un Jour – Philomuses – Parigi 2017, Solo Show 16° Premio Pasinetti – Miglior GIF Animata, Venezia 2019.
Perino & Vele (Emiliano Perino, New York, 1973; Luca Vele, Rotondi, 1975), attivi dal 1994, privilegiano l’utilizzo della cartapesta per la realizzazione delle loro opere. Hanno sempre giocato con la capacità degli osservatori di riconoscere nelle loro sculture la propria realtà quotidiana, mostrandogli attraverso una luce nuova, iconica ma nello stesso tempo ironica, il mondo degli oggetti che ci circondano.
Macinando quotidiani di vari colori ( rosa Gazzetta dello Sport, giallo Italia Oggi, beige Il Sole 24 Ore, grigio Il Corriere della Sera o Il Mattino), riciclano le pagine in un miscuglio di parole ed immagini, un impasto mediatico che, una volta plasmato torna a comunicare. Un gioco tra l’ironia dei significati e l’ambiguità dei materiali, in una sorta di antagonismo comunicativo. La cartapesta acquista un valore importante anche se un materiale che agli occhi di tutti si mostra impersonale e insignificante. Le loro opere si sono misurate con dimensioni sempre più monumentali ma l’uso della cartapesta sottrae quell’aura e quella solidità tipica di una scultura tradizionale, rispetto alla quale i due artisti campani giocano la carta dell’ironia Agli inizi rivolgono l’attenzione soprattutto alle vicende più vicine a loro, una riflessione sul degrado e il vivere incivile del proprio territorio. In seguito si concentrano su temi internazionali, interessandosi anche alla controinformazione. Gli artisti affrontano con costanza temi sociali e civili, politici e militari, ecologici e biogenetici, di cui si parla poco o di cui si dice poco. Ogni scultura testimonia un momento della nostra storia, e diventa un pretesto per denunciare qualsiasi forma di violenza nel mondo. Le opere sono una rappresentazione metaforica della condizione attuale del mondo. Vengono affrontati temi di tortura su prigionieri di guerra e animali per scopi militari. Riflettono sulla violenza che intacca le parole e si diffonde attraverso slogans intimidatori e razzisti dei grandi del pianeta contro i loro avversari. Non mancano argomenti sui mass media e sulla manipolazione dalla comunicazione. Le opere recenti tracciano un percorso anticonvenzionale e critico nei confronti dell’attualità e dei luoghi comuni. I risultati di questa ricerca hanno trovato ampia visibilità sulla scena dell’arte italiana e internazionale: presenti nel 1999 alla Biennale di Venezia, Perino & Vele partecipano alle rassegne Futurama, Arte in Italia, a cura di B.Corà, M.Meneguzzo e R.Gavarro, Museo Pecci, Prato 2000, Boom!, a cura di S.Risaliti, G.Maraniello e L.Cerizza, ex Manifattura Tabacchi, Firenze 2001, De Gustibus, a cura di A. Bonito Oliva e S.Risaliti, Palazzo delle Papesse, Siena 2002, Better than the Real Things, a cura di T. Prutz, Smart Project Space, Amsterdam 2002, Le Stanze dell’Arte. Figure e immagini del XX secolo, a cura di G.Belli, Mart museo d’arte moderna e contemporanea, Trento-Rovereto 2002, Le Opere e i Giorni, a cura di A.Bonito Oliva, Certosa di S. Lorenzo, Padula 2003, … O luna tu… il notturno come spazio della fantasia , a cura di D.Eccher, ARCOS Museo d’Arte Contemporanea Sannio, Benevento 2005, Scultura italiana del XX secolo, a cura di M.Meneguzzo, Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano 2005, Napoli Presente, a cura di Lorand Hegyi, PAN Palazzo Arti Napoli, Napoli 2005, Per esempio. Arte contemporanea italiana dalla collezione UniCredit, a cura di W.Guadagnini, MART Museo d’Arte Moderna e Contemporanea, Rovereto 2005, Natura e Metamorfosi, a cura di M.Vescovo, Urban Planning Exhibition Center, Shanghai, e Beijing Creative Art Center, Pechino 2006, Dedica, a cura di J.Draganovic, Palazzo Arti Napoli, Napoli 2006, La giovine Italia, a cura di R.Barilli, Pinacoteca Nazionale, Bologna 2007, Italy 1980-2007. Tendencies of contemporary research, a cura di G.Belli, National Museum of Fine Arts, Hanoi, Vietnam 2007, XV Quadriennale di Roma, a cura di C.Bertola, L.Canova, B.Corà, D.Lancioni e C.Spadoni, Palazzo dell’Esposizioni, Roma 2008, Nient’altro che scultura. Nothing but sculpture, a cura di F.Poli, XIII Biennale Internazionale di Scultura, Centro Arti Plastiche Internazionali e Contemporanee, Carrara 2008, Map Games, Dinamics of change, a cura di F.Boyi, M.Piccioni, R.Scarpato e V.Shavrora, Birmingham Museum & Art Gallery, Birmingham 2008, Focus on Contemporary Italian Art, a cura di G.Maraniello, MAMbo Museo d’Arte Moderna di Bologna 2008, C4 Bunker, a cura di L.Massimo Barbero, C4 Centro Cultura Contemporaneo Caldogno 2009, Quali Cose Siamo, a cura di A.Mendini, Triennale Design Museum, La Triennale di Milano 2010, Scultura italiana del XXI secolo, a cura di M.Meneguzzo, Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano 2010, La collezione e i nuovi arrivi, a cura di L.Massimo Barbero, MACRO, Roma 2010, Premio Internazionale Giovane Scultura, a cura di C.Gioia e L.De Corral, Fondazione Francesco Messina- Materima, Casalbeltrame, 2011, (R)existenz – 3D2D Tridimensional Today, a cura di A.Romanini, Complesso di Sant’Agostino, Palazzo Panichi e Piazza del Duomo, Pietrasanta, 2012, Contemporary Visions, a cura di A.Demma, SPSI Art Museum Shanghai 2015, Liberi Tutti!, a cura di L.Beatrice, A.Busto e C.Perrella, MEF Museo Ettore Fico, Torino 2015, Eccehomo, a cura di F.Arensi, La Mole-Magazzino tabacchi, Ancona 2016, Au Fil Du Temps, 23° Onufri Prize, a cura di G.Centrone, Galleria Nazionale d’Arte, Tirana 2017, Evidence. A New State of Art, a cura di A.Demma, e Su Peng, Castel Sant’Elmo, Napoli e Georgian National Museum, Tbilisi, Georgia 2018 Noi e il MASI. Donazione Giancarlo e Danna Olgiati, a cura di M.Franciolli, MASI Lugano 2018, Daily Unfamiliar, Cassina Project Gallery, New York 2018, ?War is over ARTE E CONFLITTI tra mito e contemporaneità, a cura di A.Tecce e M.Tarantino, Museo d’Arte della città, Ravenna 2018, Mondo Mendini – The world of Alessandro Mendini, Groninger Museum, Groningen, 2019. Autori di un’installazione permanente per la stazione Salvator Rosa progettata da Alessandro Mendini per la Metropolitana di Napoli (2001), a San Casciano in Val di Pesa al Teatro Niccolini per Tusciaelecta (2007) a Portici nell’area dell’ Ex Macello per Il Comune di Portici (2010), a Napoli per il Teatro Nuovo (2012), al Madre (2014), al Monastero di Santa Chiara, Mola di Bari (2017), a San Martino V.C. (2016) e al Museo Archeologico Nazionale di Pontecagnano (2017). I due artisti hanno tenuto personali a Napoli (Galleria Alfonso Artiaco 1999, 2001, 2004, 2009, 2013, 2019), Milano (Galleria Raffaella Cortese 1999 e Fondazione Arnaldo Pomodoro 2011), Bruxelles (Galleria Albert Baronian 2000), Torino (Galleria Alberto Peola, 2001, 2005, 2012, 2019 e a Palazzo Bricherasio 2005), Ferrara (Pac, Palazzo Massari, 2003), Roma (Galleria V.M.21 artecontemporanea 2006 e Edicolanotte 2011), Catanzaro (Marca, Museo delle arti di Catanzaro 2008), Martina Franca (Palazzo Ducale, 2013), Roma (Galleria Anna Marra Contemporanea 2014), Tirana (COD – Center for Openness and Dialogue 2019).Vivono e lavorano tra Rotondi e New York.
Nasce a Cagliari nel 1964. È emersa nel mondo del fumetto all’inizio degli anni Novanta e si è imposta come autrice di prima grandezza, seguita e apprezzata non soltanto dal pubblico italiano. Le sue opere sono infatti pubblicate in vari paesi, tra cui Francia, Germania e Inghilterra. Autrice e illustratrice, ha cominciato la sua carriera sulle pagine della storica rivista di fumetti “Nova Express”. Da allora le sue storie e le sue graphic novel sono state pubblicate dalle migliori case editrici internazionali. Tra i suoi personaggi più famosi “La Bambina Filosofica”, di cui è uscito per BAO Publishing l’ultimo volume dal titolo No Future.
Nel 1999 ha vinto lo Yellow Kid, come miglior disegnatore di fumetti, nel 2005 il premio Gran Guinigi di Lucca Comics & Games e, nel 2015, il premio Boscarato come miglior autore. Da anni Vanna Vinci accosta all’irriverente “Bambina Filosofica” attente riletture di artiste, e prima di tutto donne, che hanno cambiato la storia del XX secolo. Da La Casati. La Musa egoista (2013, Rizzoli) a Tamara de Lempicka. Icona dell’art déco (2015, Il Sole 24 Ore) passando per Frida Kahlo. Operetta amorale a fumetti (2016, Il Sole 24 Ore), Io sono Maria Callas (2018, Feltrinelli) fino al recentissimo Parle-moi d’Amour (2020, Feltrinelli).
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