Domenica 11 Luglio ore 18.45
CHELSEA ON THE ROCKS di Abel Ferrara (2008)
Introduce Michelle Grillo
(Evento anticipato causa finale Campionato UEFA)
• CINEMA – Palazzo Fruscione (Salerno, Vicolo Adelberga 24)
• Ingresso gratuito, previa PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA, fino ad esaurimento posti.
–
CHELSEA HOTEL
Regia di Abel Ferrara. Con Gaby Hoffmann, Dennis Hopper, Ethan Hawke e Milos Forman, Usa, 2008, durata 82 minuti
Introduzione di Michelle Grillo (scrittrice)
Con questo film, dopo oltre trent’anni, Abel Ferrara torna al documentario, mescolando generi e stili differenti per raccontare la vita spericolata e bohemienne di alcuni dei più celebri ospiti del Chelsea Hotel, da Dylan Thomas a Janis Joplin a William Burroughs. Presentato fuori concorso al festival di Cannes 2008, rende omaggio a un luogo diventato mitico, attraverso filmati d’archivio, interviste ai proprietari della struttura alberghiera e testimonianze di ospiti di ieri e di oggi. Nel cast, a interpretare se stessi, troviamo Dennis Hopper, Ethan Hawke e Milos Forman, mentre a Grace Jones tocca la parte di Bev. Tra quelli che scelgono l’hotel per togliersi la vita e quelli che magnificano i giorni trascorsi al Chelsea, il documentario annovera volti noti e meno noti, con un tono dissacrante e a tratti nichilista, enfatizzato dal continuo cambio di formato scelto dal regista, che passa senza soluzione di continuità dal video alla pellicola super-8. “Ricostruisce con la fiction alcuni eventi emblematici del passato, sporca le immagini come fossero un grido disperato e quasi senza speranza, attraversa i corridoi e le stanze come stesse girando un horror, si perde e si ritrova continuamente. Magnifica stratificazione, in cui Abel Ferrara, si fa anima contemporanea dello sguardo perso nel vuoto, dello sguardo ritrovato per un istante, per poi ricadere verso il cuore – è la recensione di Sentieri Selvaggi – Il suo respiro lo senti scivolare sui corpi, allora filma la lontananza, difendendo la profondità. Ma è profondità frammentata, perché anche quando prova a seguire il percorso lineare del documentario canonico, cede ai richiami del divenire, dello spazio in movimento impercettibilmente nervoso, che appare prossimo, ma si perde in fondo alle stanze, come gabbie. Senti, senza avvertire, impronte quasi immateriali, senza spessore né pesantezza, quelle dei fantasmi dei poeti, dei pittori, presenze di quegli anni maledetti”. Sullo sfondo l’omaggio a una New York che porta ancora le cicatrici per l’11 settembre.